“…Un turbine di battute, una dietro l’altra, di derive linguistiche che condividono i luoghi comuni, ma anche li smontano, li torcono, come nell’inizio dello spettacolo, composto con lavoro di intarsio da Cardillo sui testi di Marchesi: basta eliminare un apostrofo per cadere dall’augurio-preghiera nella blasfemia: “Dio tassista!”. Una bella parte della cultura degli anni sessanta e settanta scorre sotto i nostri occhi, deformandosi, acquistando distanza e rivelandosi, attraverso quel procedimento di forzatura e esplosione della comune materia del linguaggio, in un lavoro che sembra anticipare per corrosività, senza la sua capacità poetica, un funambolo della deriva verbale come Alessandro Bergonzoni.
Cardillo con questa materia ci gioca consapevolmente: dopo il primo bombardamento di pezzi brevi, brevissimi, una riga, due, tre al massimo, al fulmicotone comico, si blocca e chiede agli spettatori: “Ma è tutto così, lo spettacolo? Sì, è tutto così”. Aggiungete che lui, in vestito nero e cravattino, è immobilizzato su uno sgabello, seduto prima, poi più sbracato, quindi disteso come in sonno, in equilibrio precario sempre sullo sgabello come in un sogno, come in una gabbia di parole e barzellette, inchiodato a tenere la nostra attenzione per piccoli scarti, per cambi di tono, per tempi comici (sublimi). Marchesi, come le sue parole, diventa una prigione, quella che siamo stati, quella che ci portiamo ancora dentro, e una nostalgia, come tutte le nostalgie velenosa, ma desiderata, “un flusso di incoscienza” come scrive l’attore nelle note di sala. In quel divertimento rivela una costrizione, una coazione, una sofferenza che diventano anche nostre, simile al nostro esilio in una lingua che ci parla, in un sistema di cose e di consuetudini che ci agitano, ci sognano, ci divorano, mentre sembrano farci svagare. Uno spettacolo da vedere e rivedere. Che i teatri non dovrebbero esitare a invitare”.
Massimo Marino, doppiozero, 6 dicembre 2019
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https://www.doppiozero.com/materiali/due-pezzi-sullapparizione
…”Il gesto è minimale, lo spazio limitato al seggiolino dello sgabello e pochi metri di palco; il movimento va dalla seduta fino a terra ed è azione aerea, acrobatica, diretta idealmente all’infinità di parole possibili tra una vocale e l’universo dei significati, di neologismi velenosi, nella foga logorroica che porta il segno di una comicità genetica, al limite del patologico. L’attore è in smoking, camicia bianca, scarpe di vernice e papillon: l’eleganza è comica. La svestizione che avverrà attraverso precisi movimenti da trapezista lascerà l’attore in pigiama pronto a una quiete, improbabile sonno.
’è un’aria sinistra nelle movenze di Cardillo che vibra le braccia decantando in sussurri e vocalizzi la svagatezza malinconica della sera. E’ un susseguirsi frenetico di espressioni facciali e mimiche d’autore che sanno richiamare in vita Ugo Tognazzi nei baffi accennati e nel sorriso sardonico, Paolo Panelli nella fissità degli occhi tondeggianti, dive del piccolo schermo, malati di vita e morti d’infamia; la parola segue la smorfia, la bocca si contorce al suono, la voce, magistrale protagonista di questo lavoro, rianima il fantasma di Marchesi e di tanti suoi amici. Il buio intorno, luci calde e basse, via via roventi contro l’asse rotatorio che s’imporpora o verdeggia acido nelle diverse fasi del flusso, trespolo dal quale parte la raffica di battute a più idiomi e a più voci, sorretta qua e là da sghembe entrate audio di repertorio Rai, tutto di fila per oltre un’ora, senza tregua fino all’ultimo, quando ancora non afono, lui non ha detto tutto…”
Michele Montanari, Gli stati generali, 27 novembre 2019
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“Nel buio della sala, le luci dirette sull’adulto Cardillo lo regrediscono al bimbo che vede nel sogno Marchesi dentro la tv in bianco e nero. Risuonano le sigle musicali d’apertura e chiusura della Rai degli esordi e dei primi anni di trasmissione, di Carosello, dell’Intervallo e da lì il malloppo di cattiverie si dispiega in tutto il suo splendore, procedendo «per disordine» come per bocca lucida di un pazzo……. Alla fine la luce si spegne sul volto tragico dell’attore. Tutti gli applausi sono per lui”.
Gilberto Scuderi, Gazzetta di Mantova, 10 settembre 2019
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https://gazzettadimantova.gelocal.it/tempo-libero/2019/09/09/news/omaggio-a-marchesi-signore-di-mezza-eta-applausi-per-cardillo-1.37433749/
«La vita è bella perché non conosciamo altro di meglio». Una comicità novecentesca, d’altri tempi, dalla quale però questa nostra epoca di immediatezza e di grezze risate superficiali avrebbe molto da imparare”.
Dal blog del Festivaletteratura 2019
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https://www.festivaletteratura.it/it/racconti/un-flusso-d-incoscienza-d-altri-tempi